Jean-Luc Nancy, Noli me tangere, Bollati Boringhieri 2005
Noli me tangere: non è solo il titolo dell’opera di uno dei più discussi e letti filosofi contemporanei, né semplicemente l’evocazione di una famosa scena evangelica, ma un vero e proprio motivo pittorico e, soprattutto, una vera e propria formula, la formula del levarsi del corpo.
Con questo saggio di eccezionale intensità Jean-Luc Nancy dà un ulteriore contributo a ciò che lui stesso ha definito “decostruzione del cristianesimo”. Attraverso una tale strategia, il cristianesimo, con i suoi elementi fondamentali, darebbe accesso a delle risorse che insieme occulta e custodisce e che svelerebbero verità e orizzonti tutt’altro che religiosi.
Nancy interroga non solo il racconto del cristianesimo – le sue scene, i suoi concetti – ma la sua fondamentale trasposizione in pittura. Così l’analisi cade sulle opere di Rembrandt, Pontormo, Dürer, Tiziano e molti altri che raffigurano una singolare situazione: l’episodio biblico in cui Gesù risorto allontana Maria Maddalena dicendole, secondo le parole del Vangelo di Giovanni, “Noli me tangere”, “non toccarmi”.
Questa espressione Noli me tangere e la sua rappresentazione pittorica evocano un singolare divieto di contatto, un ritrarsi impaurito e pudico che non ha nulla di religioso o di sacro. La frase enuncia qualcosa intorno al toccare in generale: il sottrarsi di Gesù, infatti, rivela il carattere profondamente indisponibile di ogni presenza, di ogni contatto, il levarsi stesso del corpo, che la morte massimamente testimonia. Ed è proprio sul corpo e sul senso della corporeità che Nancy concentra tutte le sue argomentazioni, riprendendo alcune tesi centrali di uno dei suoi lavori più importanti, Corpus.
Il corpo non è propriamente che la sua improprietà, una presenza che presenta sempre il proprio congedo. Il corpo come certezza sconvolta: si dà, ma per sottrarsi. “Tu non tieni niente, non puoi tenere né trattenere niente, ecco ciò che devi amare e sapere. Ecco che cosa ne è di un sapere d’amore. Ama ciò che ti sfugge, ama colui che se ne va. Ama che se ne vada.”( p.54)
Un motivo dominante percorre, allora, tutte le pagine di questa singolare riflessione: l’avversione per ogni teoria del “corpo proprio”, avversione che ben si sposa con il non detto del cristianesimo. Il corpo di Cristo è, infatti, ciò che è offerto da mangiare e da bere ai fedeli e nello stesso tempo è ciò che nell’episodio-tema del saggio si mostra come qualcosa di intoccabile. Noli me tangere è l’espressione complementare a Hoc est corpus meum, la verità stessa della presentazione, dell’offerta del corpo, che non offre altro che la sua partenza, il suo congedo. Il corpo di Cristo, per quanto venga così offerto ai fedeli è sempre un corpo che, pur inghiottito, risulta inappropriabile.
Il saggio si configura pertanto come una piccola logica del contatto del corpo, che è insieme unione e separazione, espressione di una con-divisione originaria delle singolarità.
L’intero lavoro ha come debito esplicito l’opera di Derrida Le Toucher, Jean-luc Nancy (un vero e proprio omaggio all’autore, definito il più grande pensatore del toccare dai tempi di Aristotele) all’interno della quale è del resto menzionato l’episodio del Noli me tangere in riferimento ad una concezione cristologica del toccare, concezione da cui Derrida prende una certa distanza. Esplicitandolo in una nota, Nancy dichiara che questo piccolo saggio è volto proprio a ridurre questa distanza, mostrando l’esemplarità che un tale episodio biblico, soprattutto trasposto in pittura, ha per una teoria decostruttiva e non religiosa del contatto.
È nel quadro, infatti, che il carattere religioso del Noli me tangere viene decostruito in modo notevole. Il fatto del toccare, la logica del contatto, decostruisce il livello narrativo, aprendo la scena evangelica, la sua rappresentazione. È in pittura che il meccanismo rappresentativo si apre e si smaglia, perché non si ripresenta semplicemente qualcosa che è accaduto in qualche luogo, ma viene messa in opera – firmandola – la soglia stessa dell’esistere, ciò che non si dà mai a vedere. “Per questo i pittori hanno saputo cogliervi non la visione estatica di un prodigio, ma un intreccio delicato intessuto tra il visibile e l’invisibile, dove ciascuno chiama e respinge l’altro, ciascuno sfiora l’altro e lo allontana da sé.”(p.39)
Ciò che Nancy sembra felicemente portare alla luce è un ateismo propriamente pittorico: il quadro annulla ogni trascendenza radicando l’altro mondo in questo mondo, in una ferita irreparabile di un unico mondo.
Il saggio, infine, si focalizza – ed è uno dei motivi più interessanti – sulla pittura stessa come contatto differito, come messa in opera della verità del contatto che per essere autentico chiede che ogni tocco non si risolva nella presa, nell’appropriazione, nella proprietà. È la pittura stessa ad esigere una tale distanza per essere goduta e vista. Noli me tangere è l’imperativo che prescrive di non tentare di impadronirsi di ciò che essenzialmente si allontana, e che proprio allontanandosi ci tocca.
Confluiscono in questo lavoro le tesi di altri saggi dedicati alla pittura come Le Regard du portrait, in particolare in riferimento alla nozione di ritratto. La pittura, per Nancy, esprime un ritrarsi costitutivo dell’esistenza, rendendo l’opera una zona d’indiscernibilità tra la presenza e l’assenza, tra la vita e la morte. Il senso del contatto sta tutto nella sua possibilità di ritrarsi e nello stesso tempo di essere ritratto dall’impresa del pittore, come colui che s’impegna a restituire nella composizione l’avvicinarsi e l’allontanarsi dei corpi, le loro fughe sospese nell’opera per renderne visibili le tracce. Noli me tangere si configura come una delle opere più mature dell’autore sia per quanto riguarda i concetti fondamentali del suo pensiero, come il concetto di con-divisione, l’enigma del toccare, il problema del senso, esposizione del finito, sia per quanto riguarda l’analisi decostruttiva della pittura e insieme del cristianesimo. Esso rappresenta, inoltre, l’ennesimo documento della fecondità delle corrispondenze tra ontologia e pittura all’interno del pensiero contemporaneo.
interessante lettura , che mi ha aperto gli occhi insegnandomi , di un opera
d’arte , a vedere oltre il visibile …
ardola said this on giugno 27, 2012 a 7:37 am
Mi sono interrogata molto, da donna, su questa espressione. Noli me tangere, ma ciò che più mi intriga e’ la spiegazione successiva: perché non sono ancora asceso al Padre mio. Il problema quindi del tocco non sta nel corpo, ma in una ragione che è del corpo e nel contempo del rapporto tra il corpo e un viaggio che il corpo deve ancora compiere per essere davvero Corpo.
Elena Gaiardoni said this on aprile 5, 2015 a 8:01 am
Sì, sono d’accordo con la tua riflessione. Da parte mia ho provato a interrogarmi su questa esperienza del non essere ancora corpo – propria del corpo – nel mio recente libro dedicato al corpo: “Il corpo preso con filosofia”.
ariemma said this on aprile 5, 2015 a 10:05 am