La formula del successo delle nuove serie televisive
“Dickens inseriva personaggi, situazioni, eventi volti a generare nel pubblico una grande attrazione, un’attesa messianica per una storia che trovava solo in futuro una realizzazione compiuta. Un futuro che poteva anche non arrivare.
La serialità di Dickens non è la serialità che potrebbe andare all’infinito, bensì una serialità che presenta una storia interrotta, tagliata in più punti, dove ogni taglio genera ansia e preoccupazione. Ovvero genera cura, investigazione e dedizione.
Se è vero che la narrazione seriale di Dickens potrebbe essere all’origine di telefilm e telenovelas, è anche vero che questi prodotti televisivi per molto tempo hanno rimosso la parte più rivoluzionaria della serialità dello scrittore: la messa in opera di una serie come se si trattasse di una forma di vita nascente. Alla serialità industriale delle cose inanimate, Dickens oppone la serialità che compone una vita.
Sarà forse un caso che Gilles Deleuze – il filosofo del Novecento più interessato alla vita – citi nel suo ultimo scritto proprio una situazione del romanzo di Dickens ‘Il nostro comune amico’, come esempio di ciò che intende per una vita? Leggiamo: «Nessuno meglio di Dickens ha raccontato cos’è una vita […] Una canaglia, un cattivo soggetto disprezzato da tutti, è ridotto in fin di vita; ed ecco che quelli che se ne prendono cura mostrano una sorta di sollecitudine, di rispetto, di amore per il minimo segno di vita del moribondo»” (Sul filo del rasoio. Estetica e filosofia del taglio, p. 34)
http://www.aracneeditrice.it/aracneweb/index.php/pubblicazione.html?item=9788854870321