L’animale che piange
“Animale che piange, l’uomo incontra nel pianto l’animalità che crede di aver rimosso, contro la quale con troppa superficialità si scaglia, credendosi disgiunto. Solo un incontro può far piangere, solo qualcosa che rientra nell’ordine dell’imprevedibile o dell’inaccettabile. Si piange di gioia, o di dolore, per ciò che non credevamo che fosse. Il pianto è la mortificazione della credenza. Hegel stabilisce la contrapposizione tra l’uomo e l’animale in base alla religione, ovvero alla fede. Piangendo, l’uomo diviene animale proprio perché ogni credenza viene meno, come pure la parola. Ma sarebbe troppo riduttivo dire che le lacrime siano qualcosa in meno della parola, qualcosa in meno della fede. Al contrario sono ciò di cui le parole mancano, di cui la fede manca. Sono ciò che viene. Sono cooriginarie dell’incontro senza aspettative, dell’incontro assoluto. Le lacrime dicono la nostra nudità nei confronti dell’avvenire”. (da “Il nudo e l’animale. Filosofia dell’esposizione” (2006), p. 80-81)