Il tempo della cancellazione

Per riflettere sulla fecondità del cancellare non potrebbe essere più adatto un passo tratto da Mal d’archivio di Derrida:

Mi sono chiesto quale fosse il momento proprio dell’archivio, se ce n’è uno, l’istante dell’archiviazione stricto sensu, che, ci ritornerò, non è la memoria detta viva o spontanea, ma una certa esperienza ipomnestica e protetica di un supporto tecnico. Non era forse quell’istante in cui, avendo scritto questo o quello sullo schermo, con lettere che restano come sospese e fluttuano ancora sulla superficie di un elemento liquido, spingevo su un certo tasto per registrare, per “salvare”, un testo indenne, in modo rigido e durevole, per mettere delle marche al riparo dalla cancellazione, al fine di assicurare quindi salvezza e indennità, di stoccare, di accumulare e,  il che è insieme la stessa cosa e altro, di rendere così la frase disponibile alla stampa e alla ristampa, alla riproduzione?[1]

La parola cancellazione compare una sola volta in questa citazione, eppure essa domina tutta l’economia, soprattutto teologica, della registrazione e della salvezza.

Compare una sola volta, ma si manifesta in tutta la sua fecondità, come qualcosa che, rinviandosi, semina paura, ma anche desiderio.

Si potrebbe già affermare, proprio partendo da questo brano di Derrida, che la cancellazione riveli la sua fecondità nel momento in cui appare come spettro, quando il suo luogo temporale spetta all’avvenire.

É perché ci sarà una cancellazione che è possibile scongiurarla o perseguirla.

Il desiderio di archiviazione, sempre più forte nella nostra società, non sarebbe possibile senza tale spettro. Non sarebbe possibile la tecnica in generale, né avrebbe senso l’opera dell’uomo.

Uomo che non è tanto essere-per-la morte, come vorrebbe Heidegger, ma precisamente colui che opera in vista della cancellazione. Anche nel caso in cui si voglia cancellare, il discorso non cambia. Una cancellazione a venire semina nell’uomo qualcosa.

Resta da chiederersi se, oltre a una dimensione futura, spettrale, a venire, la cancellazione possa avere una dimensione presente.

In fondo anche questa dimensione sarebbe fondamentale: ma non si tratterebbe di una cancellazione integrale, piuttosto di una cancellazione minimale, ciò che si chiama “cancellatura”.

Una serie di rimedi, un costante rimediare, trasforma i momenti e le opere. Non vi sarebbe arte senza abbozzi e nemmeno la più semplice percezione, che agisce proprio per adombramenti e piccole rimozioni.

Quando invece la rimozione aumenta la sua consistenza divenendo un vero e proprio rimosso, allora siamo nella dimensione del passato della cancellazione.

Una dimesione anch’essa feconda perché anche la rimozione più potente produce dei resti, delle rovine. Germi per un avvenire. La dimensione del passato ci dice che non esiste cancellazione della cancellazione. Non vi sarebbe in quest’ultimo caso alcun resto, una cancellazione perfetta. Cioè una cancellazione sterile.


[1] J. Derrida, Mal d’archivio. Un’impressione freudiana, Filema, Napoli 1196, pp. 35-36.

~ di ariemma su giugno 25, 2011.

3 Risposte to “Il tempo della cancellazione”

  1. la prima cosa che mi viene da dire è che mi son aggroviggliate le cervella!!!
    …ma poi, pensavo, ad esser laconici…
    …va be, molte cose mentre leggevo…
    ad esempio al ‘metodo Lendaro’, simpaticamente parlando del prof, cioè togliere, eliminare il superfluo per alleggerirci….. rintracciando già nel metodo,l’opera.
    così da avere, metodo:opera=energia:comunicazione, metaforizzando Mcluhan!

    Mi fa pensare al buddhismo!

    Ma soprattutto al rischio di una catastrofe imminente a furia della cancellazione! Una catastrofe quasi sterile!
    Mai del tutto sterile.

    Sinteticamente, la cancellazione mi spaventa!
    Perchè esiste anche la sterilità, ed al giorno d’oggi parecchia!

    In sostanza, sono d’accordo con il discorso fatto, ma io, personalmente considererei maggiormente i rischi di una sterilità imminente!

  2. Cara Liliana, scusami per il ritardo con cui rispondo al tuo commento. Il tema di questo post è dovuto a un incontro filosofico a cui prenderò parte dedicato alla “fecondità del cancellare”. Il tema non è tra i più semplici su cui riflettere, ma è molto suggestivo. Anche il tuo commento conferma questa suggestione e ti ringrazio.

  3. Grazie a te Tommaso!
    I tuoi post sono sempre molto interessanti!
    Arricchiscono e tolgono dalla noia!

    Spero ci parlerai ancora di questo tema, magari informandoci dell’incontro filosofico sulla “fecondità del cancellare”.

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