La filosofia dell’esposizione. Una sintesi del mio percorso filosofico (2005-2012): da Heidegger a Facebook.

La filosofia e l’esposizione

Il tema dell’esposizione è il frutto di una riflessione critica su quel momento filosofico che ha avuto luogo in Francia tra gli anni ’60 e gli anni ’80 e che è stato scandito, per me,  soprattutto dai nomi di Deleuze, Derrida, Nancy, Badiou.

Un momento senza precedenti, che ha influenzato su scala globale il pensiero contemporaneo. Piuttosto che rivolgere la mia attenzione  e il mio studio verso ciò che veniva prodotto come ricerca filosofica  nel dipartimento della mia facoltà, ho preferito rivolgere  la mia attenzione verso ciò che, per me, incarnava lo spirito filosofico del tempo presente.

Movimenti politici antagonisti e innovazioni artistiche si richiamavano ai pensatori francesi. La loro presenza editoriale era imponente e l’attenzione che gli studiosi più giovani rivolgevano ai loro testi ha orientato in modo forte il mio percorso di studi.

Certo, anche i miei studi accademici hanno avuto il loro peso. Durante il percorso di laurea mi sono formato su Nietzsche, Husserl e Heidegger, ed è stato proprio grazie allo studio dei loro testi che è stato possibile avvicinarmi facilmente al pensiero francese, che continuava la loro meditazione.

Il pensiero francese della seconda metà del Novecento, muovendo soprattutto dall’eredità di Nietzsche e Heidegger, si è caratterizzato per la messa in discussione delle opposizioni classiche della filosofia (dentro/fuori, proprio/improprio, empirico/trascendentale, identico/diverso) alla ricerca di un orizzonte più originario di queste opposizioni.

La riflessione filosofica sulla traccia compiuta da Derrida e sulla differenza compiuta da Deleuze, nonché la riflessione più tarda di Nancy sull’esposizione corporea, erede di Deleuze e Derrida, rivelano proprio come quest’ultimo concetto, l’esposizione, riassuma bene la svolta filosofica francese.

Grazie a questo orizzonte, la filosofia poteva confrontarsi con ciò che metteva in gioco corpi e affetti in modo inedito, a partire da concetti come quelli di singolarità e nudità.

L’elaborazione di una tessitura

fenomenologia_de_4f27b79d7649aL’attenzione verso il movimento filosofico  francese ha determinato subito un approccio caratteristico ai problemi e agli autori. In Fenomenologia dell’estremo. Heidegger, Rilke, Cézanne (2005) mi sono occupato di Heidegger e della sua concezione della singolarità sensibile e dell’arte, cercando di portare con me i risultati filosofici francesi, alla ricerca dell’orizzonte dell’esposizione, indicato in questo primo testo con il termine  “estremo”. Il problema che l’opera si pone è il rapporto tra l’articolazione del senso attraverso il linguaggio e la sensibilità, ovvero ciò che viene definito l’estremo.

L’estremo è innanzitutto la soglia tra l’essenziale e il singolare, tra la parola e il sensibile, soglia che non si configura come eccezione, ma come trama dell’esistenza, vero e proprio orizzonte, ignorato e occultato dalla nostra tradizione, che ha tentato di separare le due polarità fondamentali dell’essere al mondo. Con il termine “estremo” si intende qualcosa di irriducibile al linguaggio o alla pura sensibilità, qualcosa che sfugge all’opposizione proprio/improprio.

Contro Heidegger e la tradizione fenomenologica, che ha subordinato la singolarità all’essenza e all’ideale, l’essere-così all’essere puro e semplice, si tenta di pensare un tale orizzonte a partire dall’opera d’arte, ovvero dalla messa in opera di tale orizzonte.

Rilke e Cézanne sono gli artisti che, in modo esemplare ma anche problematico, hanno rivelato nelle loro opere quella zona di indiscernibilità tra il singolare e l’essenziale.

 18556030_1242267805881602_7618444494920581147_nSuccessivamente, negli studi che compongono Il nudo e l’animale. Filosofia dell’esposizione (2006) l’orizzonte dell’estremo, ovvero dell’esposizione, viene interrogato esplicitamente a partire dal concetto di nudità. Ma tale concetto va decostruito e ripensato, a partire dalla sua relazione con l’animalità, concetto anch’esso scivoloso per la nostra tradizione di pensiero.

L’indagine sceglie come “alleati”, Nancy, Derrida, Deleuze, per porre le basi di una filosofia dell’esposizione, che non può fare a meno di trattare l’arte come oggetto privilegiato (Baudelaire, Melville, Rodin, Bacon), in quanto messa in opera della nudità, dove per nudità non si intende una pura passività, o in generale una purezza, ma un rispondere a ciò che accade. La nudità – e l’arte che la mette in opera, rivelandola, così, operosa – è un movimento, una passione attiva, e nient’affatto il termine di un processo di spoliazione.

Nell’opera successiva Il senso del nudo (2007) vengono puntualizzati e ribaditi i risultati delle ricerche precedenti. La nudità viene tematizzata come il contrario dell’integro e del puro, indiscernibile da un effetto di velo che l’accompagna sempre. Così pensata, la nudità risulta altro da ciò che la nostra tradizione ha “inventato”, ovvero altro dalla purezza o dalla mancanza, e piuttosto indiscernibile dal velo, al quale era sempre stata opposta. La nudità raggiunge la sua vertigine nell’erotismo e nell’esperienza della democrazia, ovvero la vertigine del qualsiasi e del chiunque.

Nelle mie ricerche, più che semplici oggetti di studio, autori come Deleuze, Derrida, Nancy sono divenuti, dunque, alleati, strumenti, ma anche oggetto di critica. In molti casi tale critica viene formulata proprio a partire da una caratteristica delle mie ricerche, che si servono delle loro riflessioni complessivamente, come se formassero un’unica tessitura, quando singolarmente ogni loro percorso  presenta diverse reticenze e insufficienze.

Nel mio Logica della singolarità (2009), ad esempio, sostengo che è impossibile formulare una tale logica senza mettere insieme le loro riflessioni, coerentemente con la logica della singolarità che viene formulata nel testo. La singolarità, infatti, va sottratta all’individuo come singolo, e pensata come apertura ad altre singolarità. All’interno di dinamiche di implicazioni e esplicazioni, essa non si distingue dalla nudità.

Sensibilità, singolarità, nudità, opera d’arte, sono pertanto i temi che hanno caratterizzato ciò che ho chiamato “filosofia dell’esposizione”.

L’analisi dei modi di esporre

 Con L’estensione dell’anima. Origine e senso della pittura (2009) prende avvio una specifica analisi dei modi di esposizione, partendo da una teoria dell’arte, in particolare della pittura, già abbozzata nelle ricerche precedenti. Tuttavia, adesso l’esposizione artistica viene considerata alla luce di altre modalità di esposizione.

La pittura diventa quel modo di esporre che esprime un orientamento di segno opposto rispetto a quello istituito dalla tradizione occidentale. Essa mina il primato del visibile, turbando la visibilità: un quadro non esprime mai niente che si può ben vedere, ma sempre qualcosa che si sottrae alla visione estendendo la nostra sensibilità.

All’interno della pittura si dà a pensare l’estensione dell’anima, che si declina in una molteplicità di modi: 1) come l’esteriorizzazione dello psichico nell’opera d’arte, che ne complica l’unità e l’integrità, 2) come l’estensione della sensibilità generata dall’oggetto artistico nello spettatore, 3) come natura irriducibile dell’anima, irriducibile soprattutto alle note declinazioni metafisiche che hanno pensato l’anima come indivisibile e inestesa, interiore piuttosto che esteriore.

La pittura porta con sé un modo di esporre che è insieme una diversa direzione di pensiero rispetto a quella imboccata dalla nostra tradizione.

Con Immagini e corpi (2010) tale tradizione viene analizzata a partire da quei modi di esporre che hanno caratterizzato la cultura occidentale, come il topless e lo strip-tease, o il design. In tale analisi viene inoltre approfondito e ripensato il concetto stesso di immagine.

Si pensa  all’immagine  come se fosse ora un oggetto, ora una produzione della mente. L’indagine sulla pittura del resto si muoveva anch’essa prevalentemente su queste due polarità. Ci si ferma cioè all’immagine-oggetto e all’immagine-pensiero.

In realtà si trascura, in tal modo, una dimensione importantissima dell’immagine e cioè quella prodotta dal gesto corporeo. I corpi umani fanno figura all’interno di spazi caratteristici. L’attenzione verso l’immagine-corpo indirizza verso una concezione più ampia dell’immagine: ovvero verso una “circolazione” dell’immagine, un rapporto atmosferico con l’immagine stessa. Non possiamo fare a meno di assorbire immagini e di fare immagini. C’è un circuito tra immagine interna e immagine esterna, reso possibile proprio grazie al corpo, che costituisce delle vere e proprie atmosfere sociali.

Non si può pertanto analizzare un’immagine senza analizzare l’atmosfera in cui essa si inserisce. Atmosfera che si scopre essere culturalmente orientata.

L’Occidente ha dato un determinato posto alle immagini e una determinata funzione: devono essere funzionali a un processo di visualizzazione.

Ma l’Occidente ha compreso anche la sua natura atmosferica, soprattutto nel caso del design. Per cui, insieme a un processo di visualizzazione, si ha un processo di climatizzazione.

Il termine termoestetica viene introdotto a questo punto per indicare l’analisi dei modi per gestire l’atmosfera sociale, costituita dal circuito immagine interna, gesto, immagine esterna. Nel caso della pornografia si ha un inevitabile riscaldamento simbolico dell’atmosfera, mente nel caso del design la “coolness” sarà la tonalità atmosferica caratteristica. Il controllo delle atmosfere simboliche generate delle immagini permette il controllo dei soggetti che si nutrono di tali immagini.

CONTRO LA FALSA BELLEZZANell’ambito dell’analisi dei modi di esporre un ruolo non meno importante riveste la diffusione della chirurgia estetica, a cui è dedicato lo studio Contro la falsa bellezza. Filosofia della chirurgia estetica (2010).

La diffusione della chirurgia estetica si è imposta a un certo punto come questione ineludibile. Questione che, nel campo dell’estetica filosofica, non è mai stata trattata in modo specifico.  A partire dalla diffusione di quest’ultima, come tento di dimostrare, è possibile entrare nel merito di importanti questioni filosofiche sull’ordine e il caos, sul tutto e le parti, sulla percezione di sé e del mondo, sulle tendenze non solo estetiche, ma anche politiche della nostra cultura. Con Contro la falsa bellezza ha inizio anche l’adesione al movimento italiano della pop filosofia, che, all’interno del mio percorso, coincide con una filosofia dell’esposizione, capace di esporsi in modo più ampio: attraversando la cultura di massa, soprattutto con uno stile di scrittura capace di arrivare al vasto pubblico .

L’analisi dei modi di esporre prosegue nei saggi successivi Il mondo dopo la fine del mondo. Facebook, l’arte contemporanea, la filosofia (2012) e Estetica dell’evento. Saggio su Alain Badiou (2012). Nel primo vengono tracciate le opposte polarità del contemporaneo campo dell’esposizione, incarnate rispettivamente da Facebook e dall’arte contemporanea, alla luce del dispositivo dell’identificazione di massa. Questo libro vuole indagare due strategie dell’apparire, due modi differenti di mostrare cose e persone. Due modi differenti di interagire con un mondo di riferimento, ovvero con le incognite che questo mondo pone. Da un lato l’arte contemporanea lavora all’ampliamento del suo mondo, dall’altro Facebook avanza una sorta di tribalizzazione del mondo del web, ovvero un controllo del suo caos.  Nel secondo testo, dedicato al filosofo Alain Badiou,  la filosofia dell’esposizione si confronta criticamente con il filosofo francese, decostruendo la sua filosofia dell’evento. La gran parte degli interpreti più critici nei confronti di Badiou si concentra sulle sue riflessioni politiche, trascurando i principi della sua filosofia e soprattutto la dimensione estetica della sua riflessione. Io ho preferito soffermarmi, con finalità decostruttive, su questi ultimi aspetti.

Estetica_dell_ev_5289f732cf3f9_220x335Ho così potuto constatare, che, oltre al pensiero “gridato” e più spettacolare (contro Sarkozy, per una riaffermazione del comunismo, l’odio per la democrazia occidentale, etc.), c’era un pensiero silenzioso compatibile con l’organizzazione estetico-politica del nostro tempo. Il pensiero di Badiou è oggi uno specchio (grande, maestoso) dove si riflette “filosoficamente” il nostro tempo e la nostra tradizione filosofica: essi si raccolgono intorno a eventi clamorosi, ossessionati dalla perdita e dal divenire in qualche modo immortali.

~ di ariemma su settembre 5, 2012.

2 Risposte to “La filosofia dell’esposizione. Una sintesi del mio percorso filosofico (2005-2012): da Heidegger a Facebook.”

  1. di notevole interesse

  2. Grazie! A breve dovrebbe uscire la versione “manifesto”

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